AMERICAN IN ME w/ Brad Klausen live @ Temple of the Sun – PRIMO TEMPO
19
agosto
Avevo promesso una chicca per Ferragosto, e ho mantenuto la mia parola. Chi ama il rock poster degli anni Novanta ha avuto almeno una volta il piacere di conoscere il lavoro della Ames Bros, studio grafico di Seattle fondato da Barry e Jeff Ament. Chi ama la musica di quegli anni invece saprà che uno dei due fondatori è tuttora bassista dei Pearl Jam. Si, devo ammettere che si parlerà parecchio della band, dei mini-canestri da basket che avevano in magazzino e di un cane di nome Zoe che ha mangiato con Eddie Vedder. La super intervista di questo mese è di Brad Klausen, ecco la prima parte.
D.: Sei nato a Santa Monica ma hai iniziato a lavorare nel 1999, una volta arrivato a Seattle. Perché hai dovuto trasferirti?
R.: Mi sono dovuto trasferire a causa di una richiesta di lavoro da parte dello studio grafico dei Pearl Jam. Quando mi chiesero se avessi intenzione di muovermi vivevo ancora a Los Angeles, e non avevo intenzione di restarci in effetti…mi ha fatto piacere avere anche una motivazione simile, specialmente pensando a Seattle che avrei sempre voluto visitare. Ora, dopo averci vissuto per più di dodici anni so che è questo il luogo in cui desideravo vivere, nel Nord-Ovest Pacifico. E mi sento davvero a casa.
D.: Nel tuo libro ‘From a basement in Seattle’ dichiari di esserti interessato prima alla musica che all’arte. Ricordi quando la poster art è diventata la passione più grande per te?
R.: Da quel che mi ricordo ho sempre disegnato, ma è stato l’interesse per la musica la motivazione più grande. Quando realizzai il mio primo poster in serigrafia ne fui completamente assorbito. Sono stato circondato da posters serigrafici appesi ai muri del magazzino prima che questi venissero esposti in tutta Seattle, tra negozi di dischi e clubs. Sono stato molto attratto dai colori vibranti della stampa serigrafica e dal modo in cui l’inchiostro si stende sulla carta, dal suo leggerissimo rilievo…questi sono i migliori esempi di ciò che materialmente si può fare con la grafica quando non hai limiti e puoi sperimentare. Mi sono innamorato follemente dell’intero processo creativo, per cui ero molto coinvolto. Sapevo che volevo farne altri, e non vedevo l’ora di scoprire dove mi avrebbe portato la mia creatività.
D.: Parliamo dei Pearl Jam, una delle più grandi rock band al mondo, per i quali realizzi numerosi posters. Com’è stato il vostro primo incontro?
R.: Non ho incontrato la band ma i singoli componenti, in tempi differenti. Quando iniziai a lavorare al magazzino dove provavano ogni tanto qualcuno arrivava e sistemava la chitarra o incontrava qualcun altro per parlare di alcuni progetti. Non li ho mai visti assieme fino a quando non hanno iniziato a provare per un tour. Il primo che ho conosciuto è stato Jeff. Al magazzino avevano uno di quei piccoli canestri da basket, e io avevo qualche piccola palla da basket con cui facevo giocare il mio cane, Zoe. Quando incontrai Jeff ero vicino al canestro e giocavo nervosamente con la palla, lanciandomela da una mano all’altra. A un certo punto ho notato che, mentre parlavo, Zoe aspettava con ansia che gliela lanciassi…muoveva la testa velocemente, al ritmo delle mie mani, non sapeva chi fosse Jeff e tutto sommato io, lui e lei eravamo tre animali. Non le interessava conoscere le persone con cui giocava, voleva solo farlo, senza pensieri. Quando ho conosciuto Eddie, Zoe mi ha dato un’altra lezione. Mi trovavo nella zona cucina del magazzino, un grande open space, Eddie era in piedi di fronte all’ingresso. Mentre mangiavo il mio pranzo vidi che Zoe gli camminava affianco, lo annusava e poi gli tornava affianco. Quello per lei era solo un altro essere umano. Essendo un cane lei ignorava chi fosse, ma sapeva che poteva darle del cibo se avesse voluto. Non le interessava che fosse un personaggio famoso, un cantautore, o un membro di una band, non aveva nessun punto di riferimento a differenza di me. Ai suoi occhi Eddie era una persona come un’altra. Fu una lezione di grande aiuto….beh, ecco cosa ricordo meglio di quando incontrai i Pearl Jam: la reazione del mio cane.
D.: Sia i Pearl Jam che Eddie Vedder hanno una densa attività live. Lavorando molto per loro, come riesci a rinnovare sempre l’immagine essendo sempre originale?
R.: E’ certamente difficile trovare qualcosa di nuovo per il medesimo cliente. Come artista io credo di evolvere e crescere sempre verso gradi più elevati. Se vivi la vita e fai esperienze riesci a vedere le cose diversamente e hai più possibilità di trovare ispirazione. Quando mi ritrovo a lavorare per un poster dei Pearl Jam ora, so di essere una persona molto diversa rispetto a quella che ero nel 2004. Adesso ascolto cose nella musica e prima non riuscivo neppure a notare, e ci sono una serie di frasi in un testo che mi parlano in un modo in cui non avevano mai fatto prima. Sono successe cose nella mia vita che posso relazionare alla storia e alla musica di una rock band, anche se in maniera diversa. I Pearl Jam, me, te, tutti, si cresce e si cambia, per cui si può solo provare a imparare da un’esperienza personale e trasportare quell’insegnamento in qualsiasi cosa fai.